Onorevoli Colleghi! - Il dibattito sulla riforma della legge 10 febbraio 1992, n. 164, in materia di vini a denominazione di origine si è sviluppato nell'arco della XIV legislatura con ricchezza di contributi da parte del precedente Governo, di tutte le forze politiche, delle regioni e della filiera vitivinicola.
      La legge n. 164 del 1992 ha costituito un efficace strumento di valorizzazione della produzione vitivinicola di qualità e tipica italiana, tanto che, in oltre un decennio dalla sua entrata in vigore, si è andato sempre più affermando il ruolo delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche, sia in numero puro (oggi si contano complessivamente 337 tra denominazioni di origine controllata-DOC e denominazioni di origine controllata e garantita-DOCG e 118 indicazioni geografiche tipiche-IGT) sia in termini quantitativi e di valore, costituendo il settore vitivinicolo di qualità una delle principali voci dell'export nazionale, che contribuisce in maniera determinata all'affermazione del «made in Italy» all'estero.
      Tuttavia, nonostante gli elementi innovativi e positivi che la legge n. 164 del 1992 aveva introdotto rispetto alla vigente normativa risalente al 1963, la situazione del mercato internazionale ed i ripetuti attacchi all'esclusività delle nostre denominazioni di origine rendono indispensabili taluni adeguamenti alla stessa legge n. 164 del 1992, nel solco del dibattito sviluppatosi nella precedente legislatura e in linea con l'evoluzione costituzionale dei rapporti tra Stato e regione.
      La presente proposta di legge, nel riformare la legge n. 164 del 1992, raccoglie i contributi più avanzati di tutte le componenti della filiera vitivinicola e di quanto emerso anche a livello di Conferenza

 

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permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e mira ad essere il punto di equilibrio tra le esigenze di tutela delle nostre denominazioni e di semplificazione amministrativa per la filiera.
      Per quanto riguarda il contenuto della riforma, il provvedimento ha per scopo la tutela e la valorizzazione delle produzioni vitivinicole a denominazione di origine ed ad indicazione geografica, da considerare patrimonio economico, cultura e dell'ingegno nazionale, e come tali protette nell'ambito degli accordi internazionali concernenti i diritti di proprietà intellettuale. Si tratta dell'affermazione, nella legislazione nazionale, del principio che da anni l'Italia, in tutte le sedi internazionali, va coerentemente difendendo.
      L'intervento normativo è volto a:

          1) tutelare e valorizzare le produzioni vitivinicole a denominazione di origine e ad indicazione geografica;

          2) perfezionare, anche sotto il profilo delle mutate competenze dello Stato e delle regioni, le procedure di riconoscimento delle denominazioni di origine, con il pieno coinvolgimento delle stesse regioni in tali procedure;

          3) la più puntuale definizione della «piramide della qualità» dei vini italiani: dai vini a IGT si passa a quelli a DOC e poi a quelli a DOCG;

          4) la stretta aderenza alla regolamentazione comunitaria in materia di menzioni e di etichettatura;

          5) la definizione di un sistema di certificazione delle produzioni «dalla vigna alla bottiglia», che in accordo con le regioni non aggravi gli adempimenti degli operatori;

          6) la definizione del ruolo e dei compiti dei consorzi di tutela delle denominazioni di origine;

          7) semplificare le procedure amministrative per il riconoscimento, anche grazie all'alleggerimento dei compiti amministrativi oggi in capo al Comitato nazionale dei vini a denominazione di origine, che, rafforzato nelle proprie competenze e nei mezzi a disposizione, deve costituire sempre più il riferimento dell'interprofessione;

          8) revisionare il sistema sanzionatorio vigente stabilito dalla legge n. 164 del 1992, in molti punti anacronistico e legato a un preciso periodo storico, quello «post-metanolo», anche recependo le innovazioni introdotte nella XIV legislatura dalla legge 20 febbraio 2006, n. 82, in materia di diffida.

      Sul tema dei «piani dei controlli», che sin dalla XIII legislatura provoca serrate discussioni all'interno del mondo agricolo, la soluzione proposta prevede che ogni vino a denominazione di origine debba essere dotato di un apposito piano dei controlli, con costi a carico della filiera produttiva, ma con semplificazione e possibilità di far effettuare i controlli da enti pubblici, al fine di eliminare le rigidità previste dai decreti ministeriali vigenti in materia.
      Sempre nell'ottica di semplificazione è previsto che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali promuova, ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, specifiche conferenze di servizio con le pubbliche amministrazioni centrali e periferiche, con particolare riferimento all'azione dell'Ispettorato centrale repressione frodi, della Guardia di finanza, del Nucleo antisofisticazioni dell'Arma dei carabinieri, del Corpo forestale dello Stato e dei competenti servizi delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, per evitare ogni forma di duplicazione dei controlli a livello aziendale.

 

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